INDAGINI AFFIDO MINORE -COSTI-PREVENTIVI-TARIFFE ANNO 2024-PROVE LEGALI ALLONTANATA DA TUO FIGLIO, INDAGINI AFFIDO, COSTO-PREZZI-TARIFFE-PREVENTIVI-ANNO 2024
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Agenzia IDFOX ® - INDAGINI AFFIDO MINORE -COSTI-PREVENTIVI-TARIFFE ANNO 2024-PROVE LEGALI

Indagini affido, tutela del minore, osservazione comportamentale, sottrazione minore, prove certificate per uso Legale

 

Affidamento Minore  | Investigazioni private  uso Legale  Telef   026696454

La presenza di un nuovo compagno (o compagna) non deve turbare i figli nel loro rapporto con il genitore presso cui convivono. I genitori separati o divorziati non devono coinvolgere troppo il nuovo partner nei rapporti con i figli se questi vengono turbati dalla presenza di un estraneo accanto al padre o alla madre. Sicché, se i minori mostrano disagio nel rapportarsi al nuovo compagno del genitore con cui vivono, il giudice li può “trasferire” presso l’altro genitore. 
A tale proposito si è infatti pronunciata la Cassazione civile, sezione I, con sentenza del 10 maggio del 2017 n. 11448.
Ciò che si può evincere, in definitiva, è che a prescindere dai mutamenti e dalla fluidità dei nuclei familiari, il fine principale è e deve essere quello di garantire la costituzione e il mantenimento di un ambiente sano nel quale vivere e crescere, a prescindere dalle scelte personali che i genitori possano intraprendere, puntando ad assicurare il più possibile il benessere psico-fisico dei minori coinvolti.

 

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Le prove raccolte nell’ambito delle indagini possono essere utilizzate in sede giudiziale per la revoca dell’affidamento dei figli minori. Questo significa che una volta determinate con certezza le condizioni necessarie, il genitore non affidatario può chiedere al tribunale dei minori di diventare lui stesso genitore affidatario.

Le indagini investigative per l’affidamento dei minori: perché sono utili?
Nel caso in cui una coppia arrivi a separarsi si possono verificare liti e dissapori. Di qui i dubbi sul grado di affidabilità dell’ex partner per le questioni che riguardano educazione, sicurezza e serenità dei figli minori, il cui interesse primario è tutelato dalle normative vigenti.

 

Sicurezza per i propri figli minori: perché rivolgersi a un investigatore privato?
Oltre all’accertamento di un eventuale comportamento scorretto o riprovevole da parte del genitore affidatario che comporti ripercussioni psicologiche negative per i minori, l’agenzia IDFOX di Milano si  occupa di:

  • Controllo affidabilità nuovi partner e nuove convivenze
  • Indagini che mirano a verificare le reali condizioni di vita dei figli minori affidati (idoneità di luoghi, persone e circostanze)
  • Verifica delle condizioni che possono determinare l’affidamento esclusivo
  • Indagini per rideterminare la quota di assegno di mantenimento dei figli minori
  • Uso da parte di stupefacenti o abuso di bevande alcoliche da parte del genitore affidatario
  • Realizzazione di materiale probatorio fotografico e audio-video

Il coniuge separato vuole accertarsi che l’ex compagno/a cui vengono affidati i figli minori ne garantisca la sicurezza e un corretto sviluppo dell’equilibrio psico-fisico. Per questo l’agenzia IDFOX  investigazioni esegue indagini private su misura per ogni necessità.

 

                           

                        LASCIARE IL FIGLIO DA SOLO  A CASA : E' ABBANONO DEL MINORE?

SI E' REATO:   Integra il reato di abbandono del minore, ex art. 591 c.p., lasciare il figlio minorenne da solo a casa per una mezz'ora? Facciamo chiarezza

 * Abbandono del minore

* Abbandono del minore: cosa dice la Cassazione

* Conclusioni

Abbandono del minore

l'articolo 591 del codice penale, stabilisce che "Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni."

La norma impone il divieto di abbandono di determinati soggetti, i cd. soggetti deboli, che versano in particolari condizioni, da parte di chi è gravato dall'obbligo di garanzia, assistenza o cura verso gli stessi.

Il caso

Un uomo, padre separato e con una causa di affidamento pendente, ci contattava preoccupato per una vicenda penale che lo riguardava.

Egli, ci raccontava che aveva lasciato il figlio di 12 anni, quasi 13, in casa da solo, il tempo di fare una passeggiata al parco con il cane. Tuttavia, il padre prima di uscire lasciava un cellulare al figlio affinché potesse chiamarlo in caso di bisogno. Il bambino approfittava del telefonino che aveva in uso per chiamare la madre, la quale, preoccupata del fatto che stesse solo, ordinava al figlio di chiamare le forze dell'ordine al numero 113.

In seguito alla chiamata di cui sopra, è scattata la denuncia per il reato di abbandono del minore a carico di entrambi i genitori.

Abbandono del minore: cosa dice la Cassazione

La giurisprudenza in casi analoghi si è espressa più volte, condannando padri e madri, di aver riposto eccessiva fiducia nella maturità dei figli minorenni, lasciandoli da soli per andare al lavoro o per fare la spesa.

Difatti, la Cassazione ha sostenuto che: "rilevando ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto d'abbandono di persone minori esclusivamente la volontà dell'abbandono, la configurabilità del reato non è esclusa dalla convinzione del genitore che il figlio infraquattordicenne sia in grado di badare a se stesso o dalla circostanza che quest'ultimo sia affidato a soggetto non idoneo, come un coetaneo o un anziano privo del controllo di ordinarie situazioni di pericolo per l'incolumità propria e altrui" (Cass. sent. n. 9276/2009).

Conclusioni

Anche se la giurisprudenza è molto severa sul punto, l'uomo potrà senza dubbio difendersi sottolineando sia l'insussistenza della volontà di abbandonarlo sia il breve tempo durante il quale si è protratto l'abbandono del minore ma anche la maturità dello stesso.

Vedi Abbandono del minore nel nostro dizionario giuridico

 

Investigazione Privata, Cosa accade se il riconoscimento di paternità è falso

Attestare il falso al momento della formazione dell’atto di nascita di un figlio o successivamente integra gli estremi di una condotta penalmente rilevante.

I figli nati da persone non unite in matrimonio tra loro al momento del concepimento possono essere riconosciuti dal padre e dalla madre. Con il riconoscimento i genitori trasformano il fatto della procreazione, il quale di per sé non è sufficiente a creare un rapporto giuridico, in uno stato di filiazione che, invece, assume rilievo dal punto di vista giuridico. Di conseguenza i genitori assumono nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio e riconosciuti, gli stessi diritti e doveri che hanno nei confronti dei figli concepiti durante il matrimonio. Può succedere però che tale riconoscimento non sia veritiero. Prendiamo ad esempio il caso di Tizio che ha una relazione sentimentale con Caia, una ragazza madre, il quale decide di riconoscere come sua la bambina che la donna ha avuto da una precedente relazione. In tale ipotesi cosa succede se il riconoscimento di paternità è falso?

È proprio di quest’argomento che ci occuperemo nel presente articolo. Prima però esamineremo in generale il riconoscimento dei figli di persone non coniugate.

Indice

* Riconoscimento di un figlio naturale: cos’è e chi può farlo?

* Qual è il procedimento per il riconoscimento?

* Cosa accade se il riconoscimento di paternità è falso?

* Il falso riconoscimento di paternità si può impugnare?

 

Riconoscimento di un figlio naturale: cos’è e chi può farlo?

Il riconoscimento è un atto formale con cui i figli nati fuori dal matrimonio possono essere riconosciuti dal padre e/o dalla madre anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento [1].

Nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento è stato riformato dall’entrata in vigore della legge n. 219/2012 e del decreto legislativo                   n. 154/2013 che hanno equiparato lo stato giuridico di tutti i figli a prescindere dal fatto che i genitori siano o meno coniugati tra di loro. Tali normative hanno eliminato la distinzione tra figli naturali e figli legittimi, prima esistente, per cui oggi si parla più semplicemente di figli nati in costanza di matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio. Tuttavia, mentre per i primi lo stato di filiazione si acquista automaticamente in virtù della nascita nel corso del matrimonio, per i secondi è necessario un atto di riconoscimento da parte di uno o di entrambi i genitori.

Il riconoscimento può essere fatto dai genitori congiuntamente o separatamente.

Se il figlio da riconoscere ha compiuto i 14 anni occorre il suo consenso al riconoscimento.

Se uno dei genitori ha già effettuato il riconoscimento, l’altro genitore che intende farlo, deve ottenere il consenso del primo, se il figlio non ha ancora compiuto i 14 anni.

Il consenso non può essere rifiutato se risponde all’interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, se l’altro genitore non ha prestato il proprio consenso, può rivolgersi al giudice competente il quale, assunta ogni opportuna informazione e disposto l’ascolto del minore, adotta eventuali provvedimenti temporanei e urgenti al fine di instaurare la relazione. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice adotta i provvedimenti opportuni in relazione all’affidamento e al mantenimento del minore e al suo cognome.

Il riconoscimento non può essere fatto se i genitori non hanno compiuto i 16 anni di età.

Qual è il procedimento per il riconoscimento?

Il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio può essere fatto:

* nell’atto di nascita;

* in una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, rilasciata davanti ad un ufficiale dello stato civile;

* in un atto pubblico (ad esempio un atto redatto da un notaio);

* in un testamento qualunque sia la forma di questo [2]. Tale forma ovviamente dovrà provenire da un notaio o da altro pubblico ufficiale munito dei poteri di ufficiale di stato civile. Il riconoscimento operato mediante testamento produce effetto dall’apertura della successione, quindi, dal giorno della morte del testatore.

Una volta effettuato, il riconoscimento non può essere più revocato, neanche tramite testamento [3].

Possono essere riconosciuti anche i figli incestuosi, ovvero nati da genitori tra i quali esiste un rapporto di parentela o di affinità, previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio [4].

Cosa accade se il riconoscimento di paternità è falso?

Il soggetto che rilascia una falsa dichiarazione di paternità all’ufficiale di stato civile al momento della formazione dell’atto di nascita, incorre nel reato di alterazione di stato [5]. Ai fini della configurabilità del delitto la falsità deve essere “idonea a creare una falsa attestazione, con attribuzione al figlio di una diversa discendenza, in conseguenza dell’indicazione di un genitore diverso da quello “naturale” [6].

L’interesse tutelato dal legislatore penale è lo stato di famiglia, ovvero l’interesse statale a che i neonati trovino immediata ed efficace tutela contro le condotte che ne alterano la soggettività giuridica. Altresì, l’interesse tutelato è che i neonati non acquistino uno stato civile difforme da quello loro spettante in conformità dei dati costitutivi reali o in conformità della disciplina dell’ordinamento giuridico.

Per quanto riguarda il tempo in cui deve avere luogo la condotta criminosa affinché il delitto si possa dire perfezionato, la stessa deve avvenire nel momento in cui si forma l’originale dell’atto di nascita.

L’oggetto materiale del reato è il documento su cui abbia luogo concretamente la condotta criminosa e, in via mediata, il neonato di cui risulti alterato lo stato.

Relativamente all’elemento soggettivo è richiesta la sussistenza, in capo all’autore del falso riconoscimento, del dolo specifico, cioè della coscienza e volontà di attribuire al neonato uno stato civile diverso da quello che gli spetterebbe attraverso una falsa dichiarazione.

Il reato è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Ai sensi dell’articolo 569 del Codice penale qualora ad essere condannato per il delitto in esame sia il genitore, trova applicazione la pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale.

Se la falsa dichiarazione di paternità viene resa in un momento successivo alla formazione dell’atto di nascita, il soggetto che la rilascia incorre in un delitto meno grave che è quello di falsa dichiarazione in atto dello stato civile [7]. La pena prevista è della reclusione da uno a sei anni. La reclusione non è inferiore a due anni se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile.

Di recente la Cassazione ha precisato che l’elemento di discrimine tra le due ipotesi delittuose (reato di alterazione di stato e reato di falsa dichiarazione in atto dello stato civile) va ravvisato nel fatto che solo la falsità espressa al momento della dichiarazione di nascita è idonea a determinare la perdita del vero stato civile del neonato, mentre, quella intervenuta successivamente, altera, “ex post”, lo status correttamente acquisito in precedenza [8].

Il falso riconoscimento di paternità si può impugnare?

A norma dell’articolo 263 del Codice civile il riconoscimento di paternità può essere impugnato per difetto di veridicità, solo dando prova con ogni mezzo che il rapporto di filiazione non esiste, dall’autore del riconoscimento (nella specie il genitore, che può agire anche quando era consapevole che il riconoscimento non corrispondeva a verità), da colui che è stato riconosciuto o da chiunque vi abbia interesse (per esempio gli eredi dell’autore del riconoscimento o il vero genitore).

L’azione di impugnazione è imprescrittibile riguardo al figlio; da parte dell’autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita; da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita.

note

[1] Artt. 250 e ss. cod. civ.

[2] Art. 254 cod. civ.

[3] Art. 256 cod. civ.

[4] D.Lgs. n. 154/2013.

[5] Art. 567, co. 2, cod. pen.

[6] Cass. Pen., sent. n. 47136/2014.

[7] Art. 495 cod. pen.

[8] Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 13751/2021.

 

Separazione e affidamento dei figli minori: cosa dice la legge?
Nei casi di separazione coniugale l’affidamento dei figli minori è disciplinato dalle norme introdotte dalla Legge n. 54 dell’8 febbraio 2006. Questa legge disciplina nello specifico proprio l’affido condiviso, mentre precedentemente le norme del codice civile prevedevano solo l’affido esclusivo.

Affidi illeciti, al via la Commissione d'inchiesta

Non solo il caso di Bibbiano che ha dato inizio alle indagini, adesso l'attenzione si sposta verso il Piemonte

 * Affidi illeciti, partono i lavori della commissione      Il caso di Bibbiano

* Affidi illeciti, l'attenzione si sposta in Piemont e  Affidi illeciti, partono i lavori della commissione

Il caso di Bibbiano ha aperto uno squarcio sul mondo degli affidi illeciti, sottolineando le difficoltà del sistema italiano nella gestione dei minorenni, ma soprattutto i danni indelebili alle tante famiglie vittime del sistema. Dai fatti emerse forte la necessità di istituire una commissione parlamentare i cui lavori, dopo un'inerzia durata mesi, sono in procinto di partire. Arriva un aiuto alle tante famiglie che si erano rivolte al Governo in cerca di risposte e per far chiarezza sui molti casi ancora in sospeso. A riportare l'attenzione sulla partenza dei lavori una nota dell'Associazione Nazionale Familiaristi Italiani.

Il caso di Bibbiano

Al centro dello scandalo da cui scaturisce l'inchiesta della Commissione parlamentare, c'è il comune di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia. Un'indagine cominciata quasi tre anni fa e che ha fatto emergere, fino ad oggi, una rete illecita nella gestione degli affidi di minori. L'indagine era scaturita da una serie di denunce dei servizi sociali contro genitori accusati di aver maltrattato i loro figli. Si scoprì che psicologi e assistenti sociali lucrano sugli affidamenti dei bimbi: manipolati dal punto di vista mentale, sottratti alle famiglie d'origine per approdare ad altre famiglie, le quali avrebbero incassato il contributo economico. Gli psicologi, invece, avrebbero guadagnato grazie alle sedute di terapia.

Affidi illeciti, l'attenzione si sposta in Piemonte

 

Sul tema è intervenuta dell'Associazione Nazionale Familiaristi Italiani: «Ora finalmente si farà piena luce su eventi poco chiari che hanno coinvolto bambini fragili ed inermi - afferma il presidente, avvocato Carlo Ioppoli - L'avvio della Commissione d'Inchiesta su affidi e case famiglia è una vittoria dello Stato italiano in primis che ora dovrà cominciare un percorso per fare luce e restituire verità, proteggere i bambini e le loro rispettive famiglie». Le ultime cronache segnalano invece che anche in Piemonte sono state registrate una serie di anomalie.

La denuncia arriva da Fratelli d'Italia che attraverso il suo leader, Giorgia Meloni, ha promosso un'indagine regionale, affinchè «i diritti della famiglia, i diritti dei bambini, i diritti dell'adolescenza sono inviolabili e non possono essere calpestati in nessun modo in una Nazione civile».

 

FINALMENTE QUALCUNO PAGHERA’? ANDRA IN CARCERE?  SPERIAMO PROPRIO DI SI

 

 

Indagini Private

  • Ricerche Patrimoniali
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Affidamento esclusivo dei figli come ipotesi residuale

Affidamento esclusivo dei figli come ipotesi residuale - INDAGINI AFFIDO MINORE -COSTI-PREVENTIVI-TARIFFE ANNO 2024-PROVE LEGALI

Affidamento condiviso, affidamento alla madre, disinteresse del padre, legittimità

Tribunale Novara, sez. civile, sentenza 11.02.2010 n° 131

E’ legittimo affidare la figlia alla madre, quando il padre dimostra disinteresse, nonostante l’affido condiviso sia la regola.

 

Tribunale di Novara

Sezione Civile

Sentenza 11 febbraio 2010, n. 131

(Presidente Quatraro - Relatore Felice)

Motivi della decisione

I signori G.G. e U.M. contraevano matrimonio con rito civile in **** in data ****.

Dal matrimonio è nata V. il ****.

Con ricorso depositato in data 7 giugno 2006 la parte ricorrente chiedeva a questo Tribunale di pronunciare: 1) separazione personale dei coniugi con addebito a carico del marito; 2) assegnazione della casa coniugale alla moglie; 3) affidamento della minore alla madre in via esclusiva e regolamentazione del diritto di visita del padre; 4) posizione a carico del padre dell'obbligo di versare un contributo al mantenimento, tanto per la figlia quanto per la moglie.

Avanti al Presidente del Tribunale la parte convenuta non compariva nonostante regolare notifica.

Il Presidente, con ordinanza in data 24 gennaio 2007: 1) affidava la figlia minore alla madre escludendo, allo stato, ogni facoltà per il padre di incontrarla, atteso il prolungato disinteresse da lui dimostrato; 2) poneva a carico del padre l'obbligo di corrispondere mensilmente, quale contributo per il mantenimento della figlia e della moglie, la somma di euro 1500,00; 3) disponeva il passaggio alla fase istruttoria.

Avanti al G.I. nominato, la parte attrice si costituiva e integrava le sue difese; la parte convenuta non si costituiva e veniva dichiarata contumace.

All'udienza dell'11 dicembre 2009, precisate le conclusioni come in epigrafe, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione.

La domanda di separazione appare accoglibile, poiché risulta configurata la fattispecie di cui all'art. 151 co. 1 cc.

È provato che si sono verificati fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza; i coniugi vivono separati ormai da tempo e dal comportamento tenuto nel corso degli anni, dalle difese e dalle domande formulate e dal disinteresse dimostrato dalla parte convenuta per la presente procedura si evince che la prosecuzione della convivenza non sarebbe tollerabile.

Non risulta, invece, accoglibile la domanda di addebito avanzata dall'attrice.

Va, infatti, puntualizzato che ai fini della pronunzia dell'addebito non può ritenersi di per sé sufficiente l'accertamento della sussistenza di condotte contrarie ai doveri nascenti dal matrimonio.

Per poter addebitare ad uno dei coniugi la responsabilità della separazione occorre, invece, accertare la sussistenza di un nesso di causalità tra i comportamenti costituenti violazione dei doveri coniugali accertati a carico di uno o entrambi i coniugi e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

Occorre, dunque, che il materiale probatorio acquisito consenta di verificare se la violazione accertata a carico di un coniuge sia stata la causa unica o prevalente della separazione, ovvero se preesistesse una diversa situazione di intollerabilità della convivenza.

In altre parole si rende necessaria una accurata valutazione del fatto se ed in quale misura la violazione di uno specifico dovere abbia inciso, con efficacia disgregante, sulla vita familiare, tenuto conto delle modalità e frequenza dei fatti, del tipo di ambiente in cui sono accaduti e della sensibilità morale dei soggetti interessati.

A tal proposito è stato affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione che “in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 cc pone a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza; pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito” (cfr. Cass., 28 settembre 2001, n. 12130, Cass., sez. I civ., 11 giugno 2005 n. 12383 e Cass., sez. I. civ., 16 novembre 2005, n. 23071; in termini Cass. Sez. 1, sentenza n. 14840 del 27/06/2006 - Rv. 589896).

Nel caso di specie, pur risultando, dagli atti, il prolungato disinteresse del sig. U. nei confronti della propria famiglia e, in particolare, nei confronti della figlia minore, non sono stati offerti mezzi istruttori - e, a monte, concrete allegazioni - suscettivi di consentire a questo Tribunale di valutare se, e in quale misura, tale violazione sia effettivamente riferibile anche al periodo di pendenza del matrimonio, e abbia inciso, con efficacia disgregante, sulla vita familiare.

La domanda di addebito proposta da parte attrice va, pertanto, rigettata.

Per quanto attiene, poi, ai provvedimenti nell'interesse della prole, pur in considerazione dell'intervenuta entrata in vigore della riforma varata dal legislatore con la L. n. 54/2006, che, impone di valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori (art. 155 comma 2 cc) ed ha previsto l'affidamento condiviso come la regola, nel caso di specie, in considerazione della mancata manifestazione di alcun interesse all'affidamento della figlia da parte dell'odierno convenuto, devono ritenersi sussistere i presupposti per l'affidamento esclusivo della figlia della coppia, V., in favore della ricorrente.

Atteso, poi, il concreto disinteresse manifestato dal padre nei confronti della figlia, non sussistono, allo stato, i presupposti per procedere a una regolamentazione del diritto di visita paterno.

Qualora, dunque, il signor U.M. intenda riavvicinarsi alla figlia e iniziare un percorso di graduale recupero di un rapporto con la minore, potrà, allo stato, vederla e tenerla e con sé secondo disposizioni dettate, di volta in volta, dalla madre, sig. G.G., e sempre tenendo in prioritario conto le esigenze della minore e i suoi impegni scolastici e ricreativi.

Quanto al contributo al mantenimento della figlia e della moglie da parte del sig. U.M., valgono le seguenti considerazioni.

Va debitamente premesso che la parte ricorrente non ha formulato richieste istruttorie diverse dalle produzioni documentali - di cui subito appresso si dirà - e che il precedente G.I., dott. V., nel dettare i provvedimenti in materia istruttoria, aveva demandato alla Guardia di Finanza un'articolata indagine in merito alla situazione patrimoniale e reddituale del convenuto contumace: indagine che, però, non risulta essere mai stata espletata.

Va dunque confermato, anche per evidenti ragioni di economia processuale, e al fine di garantire una ragionevole durata al procedimento, il provvedimento del successivo G.I. con cui, in data 11.12.2009, in modifica delle precedenti ordinanze, si è ritenuta la causa matura per la decisione, rimettendola a questo Collegio.

Tanto premesso, mette anzi tutto conto osservare che la contumacia del resistente non può ritenersi condizione ostativa alla posizione, a carico del resistente medesimo, dell'obbligo di contribuzione al mantenimento della prole.

Se, infatti, è vero che la scelta di restare contumace implica, de facto, una maggiore difficoltà per il Tribunale di procedere alla ricognizione della situazione patrimoniale facente capo al resistente contumace, ciò nondimeno tale evenienza non potrebbe certo tradursi in una deflessione del primario interesse della prole a ricevere, comunque, i necessari mezzi di sussistenza.

In conseguenza ritiene il tribunale di uniformarsi ai seguenti corollari: qualora, a seguito della contumacia della parte obbligata alla contribuzione - nella specie il genitore nei confronti della prole -, il Tribunale si trovi nella necessità di determinare il quantum dell'obbligo contributivo in contumacia della parte obbligata, occorre riferirsi in primis alle informazioni, fornite dall'altra parte costituita, in merito alle condizioni patrimoniale del contumace, procedendo a un vaglio della loro attendibilità alla luce degli elementi istruttori disponibili - e compatibilmente, almeno nella fase presidenziale, con la necessaria urgenza dell'emanazione dei provvedimenti provvisori; qualora la parte costituita non sia in grado di fornire alcuna informazione, nemmeno sub specie di allegazione mera - e suscettiva di essere verificata dal Tribunale - l'obbligo contributivo dovrà comunque essere sancito e, nella specie, determinato sulla scorta della capacità lavorativa generica rinvenibile in capo al genitore contumace, e quale risultante dai dati anagrafici a disposizione nonché alla luce delle eventuali informazioni integrative rese dalla parte costituita, la cui attendibilità andrà vagliata dal Tribunale, sempre tenendo presente, almeno nella fase presidenziale, la necessaria urgenza dell'emanazione dei provvedimenti provvisori.

Del resto, tale conclusione appare vieppiù confermata dalla circostanza che ad analoghe conclusioni - id est in punto di mantenimento “minimo”, non derogabile e determinato alla stregua della generica capacità lavorativa del genitore - il costante insegnamento di legittimità è giunto in relazione alla problematica della determinazione dell'obbligo contributivo a carico del genitore disoccupato.

Nel solco di questa problematica, infatti, si è affermato che a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l'art. 147 cc che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fin quando l'età dei figli lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, mentre il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell'art. 148 cc, non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro , professionale o casalingo, di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle accertate potenzialità reddituali (cfr. Cassazione civile, sez. I, 19 marzo 2002, n. 3974); e che, pertanto, lo stato di disoccupazione del genitore non affidatario non può comunque giustificare il venir meno dell'obbligo di mantenimento, il quale, in assenza di altri parametri, va quantificato sulla scorta della capacità lavorativa generica.

Venendo al caso di specie, l'odierna ricorrente riferisce che il sig. U.M., durante il matrimonio, e in particolare sino alla prima metà del ****, ha provveduto in via esclusiva alle necessità economiche della famiglia con i proventi della sua attività di commercio di mobili e oggetti usati, antiquariato e oggetti d'arte e, per il periodo d'imposta ****, ha dichiarato un reddito di impresa pari a euro 62.165,00.

Circostanze, queste, che risultano dalla documentazione prodotta in causa e, in particolare, dalla visura ordinaria dell'impresa individuale **** aggiornata al ****, nonché dalla dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta **** da cui risulta un reddito di impresa pari a euro 62.165,00.

Acquisendo, dunque, tale quadro situazionale come l'ultimo concretamente riferibile alla situazione economica del convenuto, e costituendo la documentazione un riscontro obiettivo e individualizzante rispetto alle allegazioni fornite da parte attrice, pare equo confermare il provvedimento presidenziale nella parte in cui ha posto a carico del convenuto l'obbligo di contribuire al mantenimento della moglie e della figlia mediante il versamento della somma complessiva di euro 1.500,00 al mese, con la precisazione che tale somma dev'essere imputata per euro 1.000,00 al mantenimento della minore e per euro 500,00 al mantenimento della moglie. Il signor U. dovrà pertanto contribuire al mantenimento della moglie e della figlia versando alla madre affidataria, entro il giorno 5 di ogni mese, assegno di euro 1.500,00 mensili (di cui euro 1000,00 quale contributo al mantenimento della figlia ed euro 500,00 quale contributo a mantenimento della moglie) somma, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al 50% delle spese mediche non coperte dal S.S.N. e scolastiche, spese necessarie o concordate e successivamente documentate.

La casa coniugale deve essere assegnata alla signora G., in quanto affidataria della figlia minore.

Non si accollano le spese alla parte convenuta che non si è opposta alla domanda.

P.Q.M.

Il Tribunale di NOVARA, definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa istanza, in contumacia della parte convenuta,

PRONUNCIA la separazione personale dei coniugi G.G. e U.M. ai sensi dell'art. 151 co. 1 cc.

AFFIDA la figlia minore alla madre.

DISPONE che il padre possa incontrare la figlia secondo disposizioni dettate, di volta in volta, dalla madre, sig. G.G., e sempre tenendo in prioritario conto le esigenze della minore e i suoi impegni scolastici ricreativi.

DISPONE che il signor U.M. contribuisca al mantenimento della figlia e della moglie versando alla madre affidataria, entro il giorno 5 di ogni mese, assegno di euro 1.500,00 mensili (di cui euro 1000,00 quale contributo al mantenimento della figlia ed euro 500,00 quale contributo a mantenimento della moglie), somma rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al 50% delle spese mediche non coperte dal S.S.N. e scolastiche, spese necessarie o concordate e successivamente documentate.

ASSEGNA l'abitazione della casa coniugale, con gli arredi che la compongono, alla signora G.G..


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Luogo

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Qualora abbia luogo uno dei trasferimenti appena descritti, l'Utente può fare riferimento alle rispettive sezioni di questo documento o chiedere informazioni al Titolare contattandolo agli estremi riportati in apertura.

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I Dati sono trattati e conservati per il tempo richiesto dalle finalità per le quali sono stati raccolti.

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Al termine del periodo di conservazioni i Dati Personali saranno cancellati. Pertanto, allo spirare di tale termine il diritto di accesso, cancellazione, rettificazione ed il diritto alla portabilità dei Dati non potranno più essere esercitati.

Finalità del Trattamento dei Dati raccolti

I Dati dell'Utente sono raccolti per consentire al sito di fornire i propri servizi, così come per le seguenti finalità: Contattare l'Utente, Gestione indirizzi e invio di messaggi e-mail, Interazione con social network e piattaforme esterne, Commento dei contenuti e Statistica. Le tipologie di Dati Personali utilizzati per ciascuna finalità sono indicate nelle sezioni specifiche di questo documento.

Dettagli sul trattamento dei Dati Personali

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Diritti dell'Utente

Gli Utenti possono esercitare determinati diritti con riferimento ai Dati trattati dal Titolare.

In particolare, l'Utente ha il diritto di:

- revocare il consenso in ogni momento. L'Utente può revocare il consenso al trattamento dei propri Dati Personali precedentemente espresso.

- opporsi al trattamento dei propri Dati. L'Utente può opporsi al trattamento dei propri Dati quando esso avviene su una base giuridica diversa dal consenso. Ulteriori dettagli sul diritto di opposizione sono indicati nella sezione sottostante.

- accedere ai propri Dati. L'Utente ha diritto ad ottenere informazioni sui Dati trattati dal Titolare, su determinati aspetti del trattamento ed a ricevere una copia dei Dati trattati.

- verificare e chiedere la rettificazione. L'Utente può verificare la correttezza dei propri Dati e richiederne l'aggiornamento o la correzione.

- ottenere la limitazione del trattamento. Quando ricorrono determinate condizioni, l'Utente può richiedere la limitazione del trattamento dei propri Dati. In tal caso il Titolare non tratterà i Dati per alcun altro scopo se non la loro conservazione.

- ottenere la cancellazione o rimozione dei propri Dati Personali. Quando ricorrono determinate condizioni, l'Utente può richiedere la cancellazione dei propri Dati da parte del Titolare.

- ricevere i propri Dati o farli trasferire ad altro titolare. L'Utente ha diritto di ricevere i propri Dati in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico e, ove tecnicamente fattibile, di ottenerne il trasferimento senza ostacoli ad un altro titolare. Questa disposizione è applicabile quando i Dati sono trattati con strumenti automatizzati ed il trattamento è basato sul consenso dell'Utente, su un contratto di cui l'Utente è parte o su misure contrattuali ad esso connesse.

- proporre reclamo. L'Utente può proporre un reclamo all'autorità di controllo della protezione dei dati personali competente o agire in sede giudiziale.

Dettagli sul diritto di opposizione

Quando i Dati Personali sono trattati nell'interesse pubblico, nell'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il Titolare oppure per perseguire un interesse legittimo del Titolare, gli Utenti hanno diritto ad opporsi al trattamento per motivi connessi alla loro situazione particolare.

Si fa presente agli Utenti che, ove i loro Dati fossero trattati con finalità di marketing diretto, possono opporsi al trattamento senza fornire alcuna motivazione. Per scoprire se il Titolare tratti dati con finalità di marketing diretto gli Utenti possono fare riferimento alle rispettive sezioni di questo documento.

Come esercitare i diritti

Per esercitare i diritti dell'Utente, gli Utenti possono indirizzare una richiesta agli estremi di contatto del Titolare indicati in questo documento. Le richieste sono depositate a titolo gratuito e evase dal Titolare nel più breve tempo possibile, in ogni caso entro un mese.

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Dati di Utilizzo

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Utente

L'individuo che utilizza questo Sito, che deve coincidere con l'Interessato o essere da questo autorizzato ed i cui Dati Personali sono oggetto del trattamento.

Interessato

La persona fisica o giuridica cui si riferiscono i Dati Personali.

Responsabile del Trattamento (o Responsabile)

La persona fisica, giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal Titolare al trattamento dei Dati Personali, secondo quanto predisposto dalla presente privacy policy.

Titolare del Trattamento (o Titolare)

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